Congiunzione PLR-PPD: il rischio di non rischiare

Ho letto con interesse ma anche con un certo stupore le riflessioni dell’amico Giorgio Grandini pubblicate sul «Corriere del Ticino» di sabato. L’ex presidente del PLR luganese giudica la congiunzione delle liste PLR/PPD per le elezioni federali di ottobre «una decisione in sé antistorica, se non addirittura, filosoficamente, contro natura». Secondo Grandini, «la nuova impostazione politica allontana viepiù il PLR dal suo glorioso passato, per ridurlo ad una semplice caricatura di un movimento liberale sul tipo di Forza Italia». Una «metamorfosi che si consuma lentamente», ed è, sempre secondo Grandini, «la conseguenza dell’ormai sterile dibattito interno, dovuto al mirato congelamento/neutralizzazione dell’anima liberale e di quella radicale, che alimentarono in passato il vivace confronto politico e la profilata crescita ideologica e di consapevolezza del partito».

Ora, per sgombrare il campo da equivoci e bufale è bene precisare ancora una volta che la congiunzione delle liste PLR e PPD per il Consiglio nazionale non è assolutamente una «fusione» tra i due partiti. Il PLR avrà la sua lista e i suoi candidati e il PPD altrettanto. Ed è anche bene ribadire che questa alleanza tecnica (o tattica) tra i due partiti di centro non significa una rinuncia alle rispettive identità e ai rispettivi valori. Significa però seppellire una volta per tutte rivalità storiche (direi, in questo caso sì, «antistoriche») che non hanno più alcuna ragion d’essere in un mondo che in questi anni è profondamente cambiato e continua a cambiare. Rimanere ancorati al passato significa perdere il treno del futuro.

La congiunzione delle liste per le elezioni federali del 20 ottobre e il tandem tra Giovanni Merlini e Filippo Lombardi per il Consiglio degli Stati, segnano un primo importante passo verso una collaborazione che consentirà di ridare forza a un’area politica che altrimenti è destinata a perdere posizioni e consensi. Questo è principalmente il risultato di un’unità di vedute sulla grande maggioranza dei temi trattati alle Camere federali durante questa legislatura tra noi e il PPD. L’accordo non comprometterà l’autonomia politica dei due partiti, né a livello cantonale né a livello comunale. Ma, lo spero (e parlo sia ai liberali radicali sia ai popolari democratici), contribuirà a migliorare i rapporti tra i due partiti con l’obiettivo di far crescere, in prospettiva, un’area di centro forte e compatta. Un’area che si riconosca in valori comuni pur nel rispetto dell’indipendenza e della libertà di azione che PLR e PPD dovranno mantenere.

Del resto di una collaborazione elettorale si parla da anni: l’idea della congiunzione e del ticket era già stata lanciata nel 2011 dall’allora presidente del PPD Giovanni Jelmini, e venne poi ripresa nel 2015 dal sottoscritto e da Filippo Lombardi. I tempi non erano ancora maturi, ma oggi lo sono. Finalmente, dico io.

È vero che il PPD ha nelle sue corde, storicamente, il «referente cattolico». Ma non è più da molti anni il «partito della Chiesa». Tra i popolari democratici ci sono cattolici praticanti, ma anche tra i militanti del PLR ci sono persone che credono nei valori della Chiesa e vanno a messa.

Secondo me, antistorico è continuare a insistere su una frattura ideologica (che mi pare pretestuosa) tra due partiti che si riconoscono e perseguono una politica moderata, di centro, appunto.

In ogni caso, non trattandosi di una «fusione» ma di una semplice alleanza politica (un’unione di forze) per difendere valori comuni, ma soprattutto progetti di sviluppo a livello federale e di grande importanza per il Ticino, non vedo proprio i pericoli che Grandini profila. Mi chiedo poi se quello che Grandini definisce «vivace confronto politico» tra le due ali del nostro partito sia stato così positivo nel recente passato, visto che ha prodotto guerre fratricide, polemiche feroci e ferite che solo il tempo è riuscito a rimarginare.

Vogliamo riaprire queste cicatrici? Ridurre ancora una volta l’azione politica di un partito come il nostro - in una società complessa, e volenti o nolenti confrontata con le sfide globali, che chiede risposte pragmatiche e soprattutto delle maggioranze per poterle attuare -, alla difesa di un non meglio precisato laicismo è uno sterile esercizio ideologico.

Anche perché, a destra e a sinistra, le altre forze politiche si sono organizzate e hanno creato alleanze su alcuni temi di fondo. In questo senso, una congiunzione in vista delle prossime elezioni federali si imponeva. È una scommessa, certo, che comporta dei rischi. Come ogni decisione, come ogni scelta. Solo rimanendo immobili e ancorati al proprio passato si pensa di non rischiare nulla. Invece si rischia. Si rischia di non avere futuro. E infine aggiungo che la forza di un partito consiste anche nella sua capacità di creare alleanze proprio come spesso succede nel mondo economico-aziendale.

Rocco Cattaneo, Consigliere nazionale PLR, Corriere del Ticino, 20 agosto 2019