Nomi di clienti e dipendenti delle banche

Tanto tuonò che purtroppo piovve, è il caso di dire. Apprendiamo dal «Foglio federale» del 6 agosto che, già nel dicembre 2018, l’Italia aveva presentato alla Svizzera una domanda cosiddetta raggruppata di assistenza amministrativa fiscale. Nel mirino, in sostanza, i soggetti fiscali italiani con conti in UBS dal 23 febbraio 2015 al 31 dicembre 2016. Vale a dire, sempre semplificando, coloro che erano ancora clienti UBS il giorno della firma a Milano del famoso protocollo di modifica dalla Convenzione di doppia imposizione tra Svizzera e Italia che chiuse la lunga fase della non collaborazione tra il fisco elvetico e l’erario italiano. L’Italia, in pratica, segue la strada già percorsa dalla Francia e culminata con la recente clamorosa decisione del Tribunale federale, resa possibile, ricordiamolo, da un ricorso a Losanna della stessa autorità fiscale elvetica (la AFC del Dipartimento federale delle finanze del consigliere federale UDC Ueli Maurer).

Il quadro complessivo si sta via via chiarendo. Ai grandi Paesi europei non basta che la Svizzera, con lo scambio automatico (dal 1. gennaio 2017) e la norma penale che vieta di gestire denaro proveniente da reati fiscali gravi (dal 1. gennaio 2016), abbia chiuso la porta del suo sistema bancario al denaro non dichiarato. Olanda, Francia, Italia e verosimilmente altre nazioni in avvenire vogliono anche risalire a ritroso, recuperare quanto sottratto ai loro erari da contribuenti non adempienti e poi depositato o transitato dalla Svizzera. In sostanza, il passato svizzero non è per loro un passato da dimenticare ma un passato da tassare.

Con l’Associazione svizzera impiegati di banca (ASIB) abbiamo più volte segnalato i rischi e i problemi che tutto ciò comporta, anche in relazione proprio alle richieste provenienti dall’Italia, non da ultimo in occasione dell’assemblea ASIB dello scorso 20 febbraio. A differenza di altri, lo abbiamo fatto cercando di non strumentalizzare una situazione già seria al punto da richiedere perlomeno altrettanta serietà. Il primo tema che si poneva e si pone tuttora per noi è la tutela dei dipendenti bancari (in questo caso di UBS). Esiste il rischio che, assieme ai dati dei contribuenti infedeli, giungano all’estero anche i nomi dei consulenti bancari (e professioni affini) che si sono occupati, a vario titolo, delle relazioni nel mirino degli Stati esteri. Ne va della tutela della loro privacy e serenità e, non proprio da ultimo, anche della protezione da sorprese giuridiche negative sempre possibili. Il caso della trasmissione di dati al Dipartimento della giustizia USA in coda ai famosi accordi (NPA) conclusi da molte banche svizzere (e ticinesi) per chiudere i conti con le autorità americane dovrebbe aver insegnato qualcosa.

Mi aspetto quindi che il tema sia affrontato attualizzando quanto già fatto anni addietro in riferimento alla controversia con gli USA. ASIB si muove in questo senso, per evitare che, oltre al danno per le singole banche, la vicenda diventi una beffa per chi in questi istituti ha sempre e solo fatto quanto gli veniva richiesto, agendo nel rispetto delle norme svizzere. Lo stesso, purtroppo, non si può dire dell’azione politica dell’UDC, da primo accusatore di Widmer-Schlumpf a nuovo avvocato difensore degli interessi di Stati esteri. Oppure anche Maurer, insieme al giudice del Tribunale federale in quota UDC Yves Donzallaz, verrà scaricato in malo modo?

Natalia Ferrara, candidata al Consiglio nazionale, Corriere del Ticino, 9 agosto 2019