Prima la Svizzera

Che qualcuno dica o no “prima la Svizzera” sembra diventato il criterio che divide i veri dai finti patrioti. A tanto siamo arrivati. Cosa vuole dire “prima” e cosa intendiamo per “Svizzera”? Prima di cosa, prima di chi, prima come, prima e basta? Svizzera come Stato, come patria, come chi ci vive o come confine verso altre Nazioni? Molti equivoci circolano, e non per caso. Ne ho parlato il primo agosto a Mendrisio ma ogni giorno c’è motivo per tornarci. Sullo sfondo due temi: quello di “patria” e quello di “sovranità”. Da una parte chi sostiene e agisce come se la patria non esistesse, dall’altra chi pretende di determinare cosa e chi compone la patria, i veri svizzeri rispetto agli svizzeri di carta, insomma.

La patria è contesa fra due fazioni e il centro non può stare a guardare perché entrambe sono pericolose. Secondo la prima, l’idea di “patria”, nel mondo globale, è superata.

Non ci sono più radici o legami, solo indirizzi provvisori, non identità ma solo abitudini. Le vite umane sarebbero portatili come i computer e trasferibili come le merci. Ogni legame con un territorio diventa un potenziale ostacolo al libero spostamento dei consumatori e dei produttori. Nessuna patria, nessuna identità, solo marchi, brand, password. Purtroppo, i risultati di questa visione egoista e superficiale si vedono sempre di più e occorre intervenire. La patria è importante, eccome. Senza legami solidi con un territorio, con persone, con idee e con istituzioni non siamo più liberi, siamo solo più vulnerabili. Senza un centro sociale di gravità non nuotiamo nella libertà ma galleggiamo nell’indifferenza, nell’insofferenza e nell’egoismo, appunto. Dall’altra parte, un polo variegato che va dall’estremismo al sovranismo politico ormai onnipresente. Radicalismi che inneggiano alla patria ma che in realtà minacciano ogni forma di vita insieme, di comunità pacifica. Movimenti di religiosità intollerante, ma anche gruppi dediti al localismo esasperato o al nazionalismo violento. Oppure persone e partiti che pretendono di essere gli unici patrioti e poter dividere i cittadini in buoni e cattivi, in svizzeri veri e non. All’egoismo consumistico si è contrapposto quello territorialistico. E sono spuntati l’ossessione degli “stranieri” e il mito del “confine” come muro divisorio.

Anche l’idea di sovranità è messa sotto pressione e strumentalizzata. Pure qui si confrontano le due stesse tendenze: chi la reputa un relitto chi una reliquia. La realtà dei fatti è che la globalizzazione non può essere fermata, solo gestita, anzi, sfruttata a nostro vantaggio. Sulla Nzz di qualche giorno fa un economista ci ha ricordato che circa il 50% dei prodotti e dei servizi creati in Svizzera fa parte di una catena internazionale di ideazione, produzione, promozione e diffusione. Insomma: siamo attivi mondialmente e non possiamo quindi né pensare né legiferare solo localmente. Il nostro Paese ha una Costituzione: questo è il perimetro inviolabile della nostra sovranità. Il resto deve essere oggetto di esame pragmatico e competente, soppesando via via utili e rischi, con buon senso e dialogo internazionale. Convinciamoci: la Svizzera è e deve restare un’eccezione, ma non è mai stata né potrà diventare un’isola. Questa significa per me una Svizzera sovrana. Fiera della sua identità, forte nel promuoverla all’estero, ma anche consapevole dei suoi limiti. La nostra Confederazione non è diventata quello che è chiudendosi, ma aprendosi all’esterno e contemporaneamente rafforzandosi all’interno. Forte e aperta: è così che un Paese senza materie prime è diventato il “primo” in tante classifiche internazionali. La Svizzera vuole continuare ad essere svizzera. Avanti insieme. riforma federale del sistema di incentivi agli agricoltori per premiare chi riduce il carico ambientale con coltivazioni rispettose dell’ambiente e della biodiversità.

Natalia Ferrara, candidata al Consiglio nazionale