Per l’economia svizzera l’autunno si fa bollente. Il ritorno verso un franco molto forte, le nostre relazioni con l’Unione europea, le incertezze legate alle conseguenze della Brexit e la guerra commer- ciale condotta dagli Stati Uniti contro quasi tutto il resto del mondo, sono alcuni elementi che toccano direttamente o indirettamente le aziende svizzere, comprese quelle ticinesi. Fra dazi e altre misure non tariffali, come procedure doganali complesse o procedure di omologazione dei prodotti lunghe
e costose, le imprese svizzere esportatrici devono fronteggiare molte situazioni complicate, con
inevitabili ricadute su tutto il sistema economico elvetico. Tutto sotto controllo si potrebbe dire, visto quanto successo nell’ultimo decennio e la nostra grande capacità reattiva. Invero, la reale
o incombente erosione dei margini costituisce una minaccia non da poco, perché limita la capacità d’investimento delle aziende e anche la possibilità di rivedere con una tempistica efficace i propri modelli di business e quindi la loro capacità competitiva. È un elemento da non sottovalutare. Tanto più che le aziende svizzere, e non solo quelle ticinesi, sono confrontate con diffi-
coltà di reclutamento di personale qualificato. Tale fattore rischia di frenare ulteriormente lo sviluppo aziendale. A mio avviso, la Svizzera in questo senso ha una carta fondamentale da giocare: la formazione professionale. Anche in settori come quelli delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), sempre più strategici per le aziende, l’apprendistato sta assumendo un ruolo crescente, perché fornisce una formazione
di ampio respiro e vicina alla cultura aziendale. È solo una delle strade per rimediare alla carenza di personale qualificato, ma vale la pena valorizzarla!
Luca Albertoni, direttore della CC-Ti