Cenni storici

In questa sezione vi proponiamo una breve introduzione storica del Partito liberale radicale scritta da Franco Celio. 

Franco Celio – Biografia

F.C nato nel 1953. Domiciliato ad Ambrì. Studi a Locarno, Pavia e Basilea. Docente di Scuola media, ora in pensione. Collabora a giornali e periodici, come pure a corsi dell'ATTE.

È deputato al Gran Consiglio dal 2000 e municipale di Quinto dal 2008. È stato presidente della Regione Tre Valli, dell'Associazione Comuni e regioni di montagna e dell'Alleanza patriziale ticinese. 

Ha pubblicato "Gli uomini che fecero il Ticino" e "Momenti di storia ticinese" (edizioni Salvioni Bellinzona), nonché "Libertà e progresso, appunti per una storia del Partito liberale-radicale" (ed. Jam, Prosito 2011).

Origini

Il Partito liberale-radicale ha origine dal movimento riformatore sviluppatosi nel Cantone nella prima metà dell’Ottocento. Per rispondere alle esigenze di sviluppo (economico, ma non solo) che si manifestavano nelle prime fasi della Rivoluzione industriale, il movimento riformatore richiedeva l’applicazione dei princìpi di libertà – di domicilio, di commercio,  di stampa, d’opinione, di  religione, ecc. - che l’”establishement” di allora non voleva riconoscere. Questo contrasto spiega la durezza, piena anche di episodi di violenza, che caratterizzò per quasi un secolo la lotta politica nel nostro Cantone. I ceti dominanti si opponevano infatti accanitamente a cedere il potere da essi esercitato fino ad allora.

Partito “rivoluzionario”

Per far valere le loro rivendicazioni, non riuscendovi con mezzi pacifici, i liberali ricorsero in più occasioni anche alla violenza. Sono in particolare da ricordare le “rivoluzioni” del 1839 – contro un governo accusato di tradire i princìpi riformatori grazie ai quali era giunto al potere – e del 1890, contro il governo conservatore (“respiniano”) definito dispotico. Va pure menzionato il “Pronunciamento” del 1855, grazie al quale il partito, sconfiggendo con le armi un temuto movimento insurrezionale dei conservatori, poté mantenersi al potere per un’altra ventina d’anni.

L’anticlericalismo

La categoria più contraria alle innovazioni menzionate sopra era il clero. La Chiesa – alla quale si appoggiavano, in genere, le categorie benestanti conservatrici – temeva infatti che la sua tradizionale funzione di “guida spirituale” della società fosse minacciata dalle “novità”. Combatteva pertanto non solo dalla libertà religiosa, ma anche dalla libertà di stampa e la creazione della scuola pubblica. Mediante quest’ultima, i liberali miravano sia a preparare i futuri lavoratori per un mondo in rapido cambiamento, ma anche i futuri cittadini, affinché fossero in grado di gestire lo Stato. Ma proprio questa “insensata pretesa” era una delle innovazioni più invise alla Chiesa. Per reazione, i liberali, soprattutto dopo il “Pronunciamento”  assunsero spesso atteggiamenti fortemente anticlericali.

Evoluzione moderata

Dopo la rivoluzione del 1890, il partito subì un’evoluzione in senso moderato. In seguito all’imposizione, da parte della Confederazione, del sistema elettorale proporzionale, vincere o perdere le elezioni non era più una questione così vitale come in precedenza. La lotta politica, dunque, si attenuò e fra i due partiti “storici” (liberali e conservatori, appunto) si adottarono varie forme di collaborazione, tanto più che sulla scena politica apparvero nuovi “concorrenti”: i socialisti e gli agrari.

I nuovi concorrenti

I socialisti derivavano da una “costola” della sinistra liberale. Fortemente anticlericali e anti-sistema, essi rimproveravano ai liberali di essersi troppo imborghesiti  di non difendere più con la dovuta energia gli interessi popolari. Gli agrari erano invece un partito sostanzialmente conservatore (benché in esso fossero confluiti anche numerosi elettori liberali). Esso rivendicava soprattutto una riduzione del ruolo dello Stato, economie in tutti i campi e sgravi fiscali. Di conseguenza, i due partiti storici si sentirono concorrenziati, ambedue, sul rispettivo terreno.

Scissione e riunificazione

Dopo il 1921 i tre altri partiti avversari (conservatori, socialisti e agrari), nonostante differenze e rivalità, si accordarono per un programma di governo. Fra i liberali, in minoranza, nacquero attriti al loro interno. Nel 1934 la corrente di destra (i cosiddetti “unificati”) espulse quella di sinistra, detta dei democratici. Negli anni successivi, le due parti si combatterono aspramente, come già durante una precedente scissone d’inizio-secolo. Gli unificati si allearono quindi con i conservatori. I democratici, più tardi, con i socialisti. Nel dopo-guerra (1946), tuttavia, le due correnti si riunificarono.

Fattore di modernizzazione

In tutte le elezioni seguenti, dal 1947 al 2011, il Partito liberale-radicale mantenne la maggioranza relativa sia in Governo che in Parlamento. Dapprima (fino al 1967) in alleanza con i socialisti, poi con maggioranze “a geometria variabile”, esso ha guidato lo sviluppo del Cantone negli ultimi decenni, favorendo il passaggio dall’epoca pre-industriale a quella post-industriale. Le principali riforme attuate in tutti i campi (urbanistico, economico, fiscale, scolastico, così come l’istituzione dell’AET e dell’università) sono state promosse e condotte a termine da rappresentanti del Partito liberale-radicale.