Piazza finanziaria: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

“Der Damm ist gebrochen”: così intitolava Zoé Baches il suo recente commento sulla Nzz in merito alla vicenda dei dati relativi a 40’000 conti bancari presso Ubs, richiesti dalla Francia. In effetti la diga ha ceduto il 26 luglio scorso. Quel venerdì il Tribunale federale ha infatti accolto il ricorso dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (Afc) contro la decisione del Tribunale amministrativo federale (Taf) che invece l’anno scorso aveva dato ragione a Ubs, giudicando troppo generica la richiesta dell’autorità francese e quindi inammissibile per il suo carattere di “fishing expedition”. Conseguenza: la stessa Afc rischia ora di vedersi inondata da un profluvio di domande di assistenza in materia fiscale da parte di altri Stati che stanno gettando le loro ampie reti, sperando che qualche pesce grosso non in regola vi rimanga impigliato. Non intendo qui commentare la sentenza del Tribunale federale, non conoscendo i dettagli dell’incarto. Che poi uno dei due giudici di area Udc (Yves Donzallaz), esercitando il suo potere di apprezzamento, sia stato l’ago della bilancia a favore della richiesta francese non giustifica le minacce pubbliche di non rielezione da parte di deputati nazionali di quel partito: è una violazione della separazione dei poteri e un’indebita pressione nei confronti di un magistrato della nostra massima autorità giudiziaria, come ha rilevato lo stesso presidente di quella Corte, Thomas Stadelmann (di area Ppd e contrario alla trasmissione dei dati). Se poi in questo caso sarà davvero rispettato il principio di specialità, ossia la garanzia che i dati richiesti non vengano utilizzati per fini estranei alle necessità di accertamento e imposizione fiscale – come per altro già avvenuto da parte della Francia che ne ha fatto un uso improprio nel processo contro Ubs sfociato nella clamorosa multa di 3,7 miliardi – è ancora questione aperta.

Mi permetto di dubitarne, proprio sulla scorta dei precedenti francesi. Ma la vera questione è un’altra: riguarda la conduzione dell’Afc e il lassismo del responsabile del Dipartimento federale delle finanze (Dff), pure esponente dell’Udc: un partito che pretende di essere l’unico vero paladino degli interessi nazionali. Proprio la tutela della piazza finanziaria svizzera avrebbe dovuto indurre l’on. Ueli Maurer a ordinare immediatamente all’Afc di rinunciare a qualsiasi ricorso contro la decisione del Taf e anzi a riprenderne i criteri rigorosi nella propria prassi in tema di evasione delle domande di assistenza. Stiamo infatti parlando di dati della clientela, sensibili e protetti. La scelta (più o meno obbligata) del nostro Paese di adeguarsi agli standard dell’Ocse sulla trasparenza e collaborazione internazionale non dispensa l’Afc da un esame severo e puntuale di ogni domanda di assistenza fiscale, secondo i principi dello Stato di diritto. È del tutto anomalo, per non dire autolesionistico, che essa abbia potuto decidere di impugnare la decisione del Taf invece di accettarla, precisando di conseguenza i requisiti materiali che una richiesta di assistenza amministrativa deve rispettare per poter essere accolta ai sensi della Legge federale. Soprattutto in riferimento a tre obblighi: circoscrivere meglio il perimetro dei dati reclamati fornendo nel modo più preciso possibile l’identità delle persone coinvolte, indicare i fondati sospetti che giustificano la richiesta e prestare adeguate garanzie in merito alla protezione dei dati e al loro utilizzo a fini esclusivamente fiscali e non p. es. penali. Al contrario, l’Afc sembra in preda ad un’ossessione da primo della classe, con un eccesso di zelo del tutto inopportuno verso le richieste che giungono perlopiù da piazze finanziarie concorrenti. E chi ne ha la responsabilità politica lascia fare. Altro che interessi nazionali. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

Giovanni Merlini, Consigliere nazionale PLR e candidato al Consiglio degli Stati, LaRegione, 6 agosto 2019