Jean-Jacques Aeschlimann - Il futuro è una promessa, se superiamo la paura

La mia ultima figlia ha meno di un anno di vita. Mentre la guardo dormire, mi rendo conto che – con l’aiuto della fortuna – lei e i suoi coetanei sono destinati a vedere il XXII secolo. È un pensiero che mi fa sentire strano, ma mi incoraggia a scrivere queste righe, condividendo alcuni scenari che – a chi ha la testa fissa nel presente – potrebbero sembrare degni di un film di fantascienza, o di un’allucinazione.

La sequenza di crisi degli ultimi due anni ci ha sprofondati in uno stato di paura costante. Se il coronavirus sembra non essere ancora riuscito a mettere fine alla nostra specie, di certo ce la faranno la penuria di energia, le bombe atomiche, oppure una combinazione fra questi e altri disastri che sicuramente ci colpiranno. In questo clima mentale, del tutto apocalittico, la speranza sembra ormai diventata un bene di lusso.

Eppure, senza neanche fare troppi sforzi per cercarle, le notizie positive sono attorno a noi – per esempio, nel campo dell’energia. In questi giorni, la fusione nucleare ha fatto negli USA un passo che (a quanto pare) potrebbe essere decisivo. Se anche non fosse questa la volta buona, di certo la direzione è chiara: in qualche decennio possiamo ragionevolmente aspettarci che questa tecnologia rivoluzioni la nostra vita. Nell’attesa, non siamo certo fermi sul posto: in una decina d’anni, le nostre Alpi (di sicuro anche quelle ticinesi, dove per ora tutto sembra tacere) ospiteranno enormi parchi fotovoltaici. Se a questo aggiungiamo le potenzialità del legno, della geotermia, dell’idrogeno e di altre fonti rinnovabili, sento che mi posso permettere qualche volo di fantasia.

La mia scommessa è questa: quando la mia ultima figlia avrà la mia età, vivrà in una Svizzera (e in un Ticino) che potrà contare su una scorta infinita di elettricità, prodotta con un impatto ambientale nullo. È uno scenario che fa girare la testa, che per il nostro Cantone avrebbe anche risvolti imprevisti. Per esempio: ci sarebbe ancora necessità, una volta conclusa questa transizione epocale, di continuare a sfruttare le nostre acque tenendole imbrigliate? Sui greti dei fiumi che oggi rimangono asciutti tornerebbe la vita, e i bambini del futuro – una volta smantellate le grandi dighe – potrebbero riprendere possesso degli ambienti naturali di un Ticino che credevamo ormai scomparso per sempre, sacrificato in nome del progresso.

Magari mi sto soltanto illudendo, e tutto andrà per il peggio. Credo però che uno sguardo positivo al futuro possa soltanto farci bene, a livello personale e per il Cantone che consegneremo ai nostri figli. Negli ultimi due secoli il modello di vita liberale ha creato un benessere impensabile per il nostro Paese, piccolo e poverissimo di risorse naturali. Possiamo fare la nostra parte per portare avanti questo miracolo. Il primo passo per fare in modo che il futuro torni a essere una promessa, e non una minaccia, sta nel tenere viva la nostra capacità di sognare. 

Jean-Jacques Aeschlimann, candidato al Consiglio di Stato