Dobbiamo ascoltare il grido d’allarme lanciato dai nostri ragazzi, che emerge oggi in diversi articoli sulla stampa cantonale e nazionale. Molti allievi e studenti di tutti i livelli sono confrontati con un’elevata pressione psicologica e con dubbi riguardo al loro futuro: il tema è della massima gravità e impone di essere affrontato in modo serio e urgente.
Il buco formativo provocato dall’insegnamento a distanza della scorsa primavera è una realtà, osservata con preoccupazione in primis dai docenti, che non tocca soltanto gli studenti alle prese con esami di fine formazione – maturità e fine tirocinio – ma anche i livelli inferiori, specialmente nelle fasce più fragili della popolazione. Evitare una nuova chiusura delle scuole è una priorità assoluta e una questione di coesione sociale: non possiamo permetterci che la qualità della formazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi dipenda dalla possibilità di essere aiutati dai propri familiari o da quella di accedere a offerte di supporto a pagamento.
Il PLR considera allarmante che un numero crescente di studenti ticinesi si rivolga ai servizi di mediazione. Questo servizio, certamente valido, serve infatti più che altro ad ascoltare: non è in grado di fornire soluzioni concrete a problemi individuali, ad esempio legati alle lacune di apprendimento. Come PLR chiediamo quindi che i servizi di sostegno didattico ai ragazzi siano rapidamente potenziati, con un’offerta d’appoggio concreto nelle singole materie e di aiuto allo studio. Alla nostra comunità serve una soluzione per evitare che il buco formativo di inizio 2020 si estenda irreparabilmente, riducendo l’uguaglianza di opportunità che è il cuore della nostra scuola pubblica.
Alessandro Speziali, presidente: “L’insegnamento a distanza adottato a primavera per contrastare la pandemia è una scelta che all’epoca è parsa legittima, ma come ogni scelta ora sta presentando il conto. Ed è un conto particolarmente salato per un numero crescente di studenti, specialmente in fasce della popolazione che già si trovano in difficoltà economiche e sociali. I dati sul disagio dilagante fra gli allievi mostrano chiaramente che le ipotesi di nuova chiusura delle scuole, ventilate da alcuni, sono una via che sarebbe irresponsabile imboccare. Ciò vale anche per l’apprendistato e il settore medio superiore. Non va dimenticato che i giovani sono una categoria duramente toccata dalle misure restrittive adotatte per frenare la diffusione dei contagi. La loro vita sociale e comunitaria è stata azzoppata, acuendo in molti casi problemi psicologici latenti e confinandoli fra mura domestiche che non sempre e non per tutti sono un porto sicuro. L’urlo silenzioso dei nostri giovani va preso estremamente sul serio dalla politica, che li vede purtroppo poco rappresentati”.