Superamento dei corsi A e B in III media proposta dal DECS (settembre 2021)

Con questo documento il PLR analizza la richiesta di consultazione sulla proposta operativa per il superamento dei corsi attitudinali (A) e base (B) in IIIa media promossa dal DECS nel settembre 2021.

Considerazioni introduttive

Intervenire in un sistema complesso come quello della scuola media non è semplice e i vari tentativi di riforma negli anni lo stanno a dimostrare. L’ecosistema della scuola e la società sono sempre più complessi, in un processo evolutivo che sembra inarrestabile.

Il sistema attuale dei livelli potrà essere superato solo con una riforma che abbracci il secondo biennio (ciclo di orientamento) della scuola media, la III e la IV. Un approccio organico che serve agli allievi, ai docenti e a chi – più in generale – si occupa di formazione, anche sul piano politico.

Una nuova proposta deve dunque definire chiaramente le misure previste, senza procedere a tappe dove quelle successive sono sconosciute. Idealmente, occorre anche trovarsi di fronte a vere e proprie proposte alternative che consentano di decidere in modo consapevole.

Solo così si migliorerà davvero la percezione e il vissuto di allievi e genitori in un momento particolare del percorso di vita, che si trovano all’imbocco di alcune scelte importanti per il loro futuro.

  • IL PLR condivide dunque la possibilità di intervenire sul sistema dei livelli, senza tabu, ma in modo organico e completo

La proposta del DECS e la posizione del PLR

1. Una visione ideologica non serve alla scuola

Dobbiamo porci una domanda essenziale: qual è l’obiettivo della proposta di superamento dei livelli? Per il PLR è quello di fare un passo avanti, di adattare e aggiornare la scuola, migliorando l’insegnamento e la formazione degli allievi in uscita dalle scuole medie. Ciò significa rendere davvero orientativo il biennio di orientamento, e non è uno scioglilingua. Superare il sistema dei livelli non può e non deve invece essere il risultato di convinzioni e correnti didattiche e pedagogiche; non può nemmeno essere frutto di una certa visione del mondo. Occorre concentrarsi su precise e comprovate esigenze degli allievi, non sul tentativo di inculcare nella scuola una certa visione egualitarista del mondo.

Dal documento del DECS traspare una chiara volontà di recuperare lo svantaggio socioculturale degli allievi attraverso strategie compensative che mirano a far raggiungere risultati simili agli allievi. Questo è un approccio ideologico. Secondo il documento, il sistema attuale risulterebbe non sufficientemente equo, mentre la realtà dei fatti – e lo attestano gli studi PISA – dice che il sistema ticinese è buono ed è tra i più equi in assoluto. Un’asserzione in direzione opposta andrebbe quanto meno argomentata con dati scientifici. L’esperienza di Caslano per generalizzare il progetto risulta fragile e di portata limitata: forse potenzialmente interessante, ma mancano dati oggettivi a sostegno di un cambiamento globale in questa direzione.

2. La riforma dei livelli richiede una visione d’insieme

La consultazione appare poco chiara negli obiettivi, soprattutto perché si concentra su un aspetto puntuale d’intervento, anziché affrontare la necessaria riforma dell’insegnamento medio – che anche il PLR ritiene urgente. La procedura “per gradi” prospetta per ora un percorso di riforma monco, in cui manca la visione complessiva e la coerenza delle varie misure rispetto a un obiettivo generale. Ciò rischia di andare a discapito della qualità dell’insegnamento e della formazione dei giovani.

  • Per il PLR va promossa una visione d’insieme, che mantenga saldo il principio di una scuola che sappia coniugare una giusta inclusione atta a fornire condizioni di partenza eque, con la condizione imprescindibile di sviluppo delle varie potenzialità degli allievi.

Anche nella scuola occorre continuare nel solco del modello svizzero e della sua cultura. Infatti, anche se il nostro Paese nel panorama internazionale ha un sistema scolastico poco inclusivista (rispetto ad altri Paesi presi come modello), ciononostante la Svizzera ha una delle società più coese d’Europa, e non solo. La vera inclusione avviene soprattutto nella vita sociale!

3. Nella scuola media la differenziazione non è un problema, ma un’opportunità

Non si tratta solo di metodo, ma anche di merito. Chi prepara i giovani per gli studi e l’inserimento attivo nella società e nel mondo del lavoro deve operare su più fronti. Occorre sviluppare le varie abilità degli allievi e il loro coinvolgimento emotivo, conformemente alle varie forme di intelligenza, anche perché i vari saperi e le esigenze sociali, economiche e scientifiche sono profondamente evolute. Un esempio su tutti concerne la digitalizzazione. La nostra scuola non può limitarsi all’introduzione di strumenti digitali (lavagne, computer, piattaforme, …) ma deve operare un vero e proprio ripensamento nei contenuti e nelle metodologie, se vuole tenere il passo con l’evoluzione della società e le necessità del mondo del lavoro.

Una scuola media forte è capace di fornire ai giovani e ai loro genitori gli strumenti e gli elementi fondamentali per decidere sul proprio futuro. Per raggiungere questo obiettivo la strada da percorrere è quella di interpretare e leggere la «differenziazione dei percorsi» come un fatto positivo, non come una discriminazione.

  • Per il PLR la strada da percorrere è quella di interpretare e leggere la «differenziazione dei percorsi» come un fattore positivo, non come una discriminazione. La scuola deve proporre percorsi differenziati secondo le motivazioni e le diverse forme d’intelligenza degli allievi, offrendo percorsi omogenei, differenziando una parte dell’insegnamento nei contenuti e nelle modalità. Tra gli allievi c’è infatti chi propende maggiormente verso l’ambito teorico, chi verso il sociale, l’artistico, l’applicativo, … e chi ha un approccio più analitico, scientifico.

4. Lo strumento dei laboratori non va snaturato

In sé il sistema dei gruppi ristretti convince il PLR da sempre, poiché permette forme pedagogiche che presentano per gli allievi maggiori opportunità d’apprendimento e migliori condizioni di insegnamento per i docenti. Tuttavia, nella proposta del DECS i laboratori, così come proposti nella forma esclusiva di gruppi eterogenei, arrischiano di diventare esclusivamente dei momenti di ripasso della materia, affinché tutti gli allievi acquisiscano gli elementi ritenuti essenziali nelle materie considerate. Ciò facendo, il rischio è quello di limitarsi a quanto trattato nelle ore di tronco comune, anziché di sviluppare ulteriormente altri capitoli delle discipline considerate. Non si tratta solo di lavorare a classi ridotte, ma di impostare l’insegnamento in modo più efficace e complementare al corso comune. Il rischio con l’impostazione prevista dal DECS è di diluire il programma, di penalizzare sia gli allievi più dotati che quelli che incontrano difficoltà, dovendo poi ridefinire gli obiettivi d’apprendimento necessari per il passaggio al post-obbligatorio. Prima di procedere a nuovi cambiamenti in questa direzione, sarebbe opportuno disporre di valutazioni oggettive sull’efficacia dei laboratori con un numero di allievi ridotto. Quali benefici hanno tratto, ad esempio, gli allievi dalla frequenza dei laboratori già previsti in I-II-III media? Nessun elemento conoscitivo e scientificamente solido è purtroppo presente nel documento del DECS posto in consultazione.

5. L’importanza della permeabilità tra i livelli d’insegnamento

Fondamentale per il PLR rimane anche la permeabilità fra i vari livelli di insegnamento, in particolare nel secondo biennio. Il “ciclo d’orientamento” non è soltanto una definizione, ma deve diventare un vero e proprio laboratorio di esperienze. Il secondo biennio deve insomma essere più orientativo nel suo insieme, permettendo agli allievi di sperimentare ritmi diversi e livelli d’insegnamento vicini nei contenuti e nella struttura a quelli che ritroveranno poi nelle scuole post obbligatorie, di qualsiasi tipo esse siano. Ridurre questa esperienza solo alla quarta media risulta infatti eccessivamente limitante. Lo testimonia tra le altre cose l’attuale tasso di bocciatura nel primo anno dopo la scuola dell’obbligo, non solo riscontrabile nelle scuole medie superiori, come spesso sottolineato, ma anche nel settore professionale dove sono numerosi abbandoni e insuccessi. Limitando ulteriormente il ruolo orientativo della IIIa media, questo passaggio risulterebbe ancor più selettivo. Il problema è quindi lo snodo tra la scuola media e il settore post-obbligatorio, che va reso più “morbido” preparando e orientando meglio gli allievi verso il percorso che hanno scelto di intraprendere. Risulta quindi indispensabile che il riassetto del ciclo di orientamento della scuola media consideri anche le esigenze richieste in entrata dalle scuole medie superiori e da quelle professionali.

6. Superare i livelli per una scuola più su misura

Un’impostazione davvero orientativa è necessaria di fronte ad un mondo formativo e professionale in frenetico cambiamento, una tendenza che si confermerà anche in futuro, rendendo obsolete molte delle competenze specifiche a cui siamo abituati. Non a caso, le aziende ricercano sempre con maggiore frequenza profili con marcate competenze trasversali (le softskills), che anche il WEF indica come elementi chiave nell’attuale e futuro mondo del lavoro, quali ad esempio creatività, pensiero critico e laterale, problem-solving, apprendimento attivo e autonomo, comunicazione e collaborazione. La scuola ha quindi il dovere di promuovere sperimentazioni didattiche – in modalità diverse nelle varie sedi – anche alla ricerca delle “migliori pratiche” atte a sviluppare, osservare e valutare tali competenze, fornendo agli allievi e al mondo del lavoro indicazioni chiare, utili e finalmente orientative.

Come può la scuola media formare (e informare) davvero i giovani a proposito della grande varietà di possibilità scolastiche e professionali dopo la scuola dell’obbligo, affinché la “non scelta” del post-obbligatorio diventi la via principale da seguire? Come individuare le capacità e valorizzare il talento di ogni ragazza e ragazzo, indipendentemente dal settore nel quale sono più brillanti?

  • Per il PLR servirebbe un concetto maggiormente modulare, che sappia anche avvicinare l’orientamento, con il coinvolgimento di personale qualificato, alle reali esigenze delle aziende e di conseguenza alle necessarie competenze dei giovani che vogliono intraprendere un percorso professionale. Allo stesso modo, nessuna (o scarsa) riflessione è dedicata a quegli allievi che necessitano di maggiori stimoli, grazie alle loro capacità più sviluppate, che sarebbero ulteriormente penalizzati da un approccio senza ben definiti percorsi orientativi.  

7. Una riforma della scuola media deve pensare anche a cosa succede dopo

Manca una visione d’insieme per quanto concerne la transizione verso il post-obbligatorio, sistema di accesso incluso. Occorre sapere quale approccio si intenderà assumere per quanto attiene alla IVa media e conseguentemente che forma avrà la licenza rilasciata al termine della scuola dell’obbligo. Va chiarito ed esplicitato se l’intenzione dovesse essere quella di permettere l’accesso a tutto il post-obbligatorio solo attraverso esami d’ammissione. L’assenza di rappresentanti del settore post-obbligatorio (professionale in primis) nel gruppo di lavoro istituito dal DECS, considerando anche le riforme in atto a livello federale, è certamente stata una scelta infelice.

8. Altri aspetti puntuali del documento del DECS

Il documento dipartimentale in sé, al di là dell’istoriato e dell’evoluzione della scuola media in Ticino, affronta alcune proposte che – sebbene poco sviluppate – analizziamo come segue:

  • Gli argomenti del DECS (p. 6) a sostegno della necessità di cambiamento sembrano basarsi su dati effettivi davvero poco significativi: la frequenza degli allievi nei due corsi A si modifica in 13 anni di singole unità percentuali, analogamente a quanto succede per i corsi base. Fatto che denota, quindi, una sostanziale stabilità del sistema e non necessariamente il suo fallimento.
  • La parziale sovrapposizione (grafico a p. 7) delle competenze in matematica tra livelli A e B non dovrebbe spingerci a riflettere sulle procedure adottate per la suddivisione degli allievi alla fine della IIa media? Essa avviene in modo coerente ed analogo in tutte le sedi? La risposta è semplice: non è così, la percentuale di allievi di terza media che frequentano i due corsi attitudinali varia infatti – a dipendenza delle sedi – dal 40% al 75%. S’impone quindi una verifica dei criteri in atto e una migliore coerenza fra le sedi scolastiche.
  • Quanto descritto nel documento (p.p. 7-8) per quanto attiene il ruolo dello statuto socioeconomico sulle scelte scolastiche, ha certamente un peso innegabile, ma è un fenomeno reale noto a livello internazionale. Bisogna però partire dal presupposto, confermato dagli studi PISA, che il sistema ticinese risulta già oggi il più integrativo ed equo in Svizzera. Il tema merita comunque di essere affrontato con un approccio maggiormente orientativo e realistico.
  • La difficoltà di inserimento nel settore professionale per allievi con curriculum base è oggettiva. A mancare è semmai un’analisi dettagliata e scientifica su quanto avviene nell’apprendistato. Ad esempio, risulta al Dipartimento che alcuni settori professionali favoriscono l’assunzione di apprendisti che hanno già svolto un decimo anno formativo oppure che dispongono di maggiore età e formazione rispetto agli allievi che concludono la scuola media?
  • Per quanto riguarda il capitolo Esperienze e sperimentazioni nella scuola ticinese (pp. 9-11), mancano completamente le valutazioni oggettive (scientifiche, esterne ed interne) sull’apprendimento degli allievi, sulle opinioni degli insegnanti e delle direzioni. Il che rende l’esposizione del problema fondamentalmente ideologica. Anche l’esempio di Caslano, ampiamente citato, necessiterebbe di una seria valutazione degli esiti dopo alcuni anni dall’attuazione della sperimentazione anche considerando che Caslano è una sede nuova per dinamiche e scelta dei docenti. Una seria valutazione che andrebbe magari anche preceduta da un’approfondita analisi della situazione dopo l’inserimento dei laboratori di matematica e italiano in prima e di matematica e tedesco in seconda media. 
  • Le reazioni dei docenti nei confronti del documento posto in consultazione raccolte dal PLR (p. 13) dimostrano senza ombra di dubbio che l’informazione è avvenuta, ma che il coinvolgimento del corpo insegnante alla ricerca di soluzioni praticabili e condivise è risultato insufficiente.
  • L’attuale Legge sulla scuola media (art. 5) prevede un ciclo di orientamento in terza e quarta media in cui si propone di dare agli allievi la possibilità di valutare le loro capacità e di definire i loro interessi scolastici e professionali (art.7). Come verrebbe modificata la legge in caso di entrata in vigore del progetto? E cosa ne sarebbe del ciclo di orientamento? Un’eventuale sperimentazione ideata dal DECS sospenderebbe temporaneamente delle norme di legge o di regolamento?
  • Non si può prescindere dagli aspetti organizzativi: la mancanza già oggi endemica di docenti di matematica e tedesco andrebbe ad acutizzarsi con nuove necessità di assunzione. Questa situazione è stata accuratamente ponderata? Allo stesso modo, il sostanzioso aumento delle ore dedicate ai laboratori necessiterebbe di un’accresciuta disponibilità di aule, fatto tutt’altro che scontato in molte sedi (esiste un’analisi legata all’edilizia scolastica?), così come da analizzare resta la condivisione di docenti tra le sedi. Anche dal profilo della griglia oraria degli allievi possono sorgere problemi e sarebbero pertanto necessarie attente simulazioni per prevenire difficoltà. Nel documento non è esplicitata l’organizzazione pedagogica delle attività di laboratorio. Da quanto traspare, i gruppi eterogenei tratteranno gli stessi argomenti, con una conseguente riduzione dell’approfondimento del programma nelle materie interessate.
  • La necessità di studi scientifici emerge con evidenza: servono analisi interne ed esterne oggettive per valutare l’efficacia del sistema, che attualmente sono assenti.

 

Conclusioni

Le analisi e le riflessioni maturate ci conducono a:

  • bocciare l’attuale proposta formulata dal DECS, soprattutto nei contenuti:
  1. inclusivismo eccessivo;
  2. mancato orientamento per chi esce dalla SM;
  3. riforma che tocca solo la III media e non accenna minimamente alla IV.
  • la proposta del DECS propone di superare una situazione problematica senza tuttavia avanzare una soluzione migliore di quanto si vorrebbe migliorare.
  • sostenere, all’interno del ciclo di orientamento, una proposta che tenga conto di:
  1. impostazione del biennio di III e IV;
  2. composizione di gruppi omogenei a numero ristretto, affiancando al tronco comune delle discipline considerate dei percorsi opzionali differenziati nei contenuti e nelle modalità, ma di pari dignità. Questo almeno per le tre discipline di italiano, matematica e tedesco.
  3. titolo rilasciato al termine della SM;
  4. necessità logistiche;
  5. necessità in termini di nuove assunzioni (specie in due discipline già difficili da “coprire” come matematica e tedesco);
  6. criteri di accesso al post-obbligatorio che attestino in modo rigoroso il profilo generale degli allievi e la loro attitudine allo studio o all'attività pratica;
  7. costi di tutti questi aspetti.
  • Di fronte alla serietà del tema, all’importanza della scuola media nel contesto generale della formazione e alle implicazioni per il futuro dei nostri giovani, non possiamo permetterci di affrontare il problema in modo affrettato e parziale. L’approccio basato su un solo anno non risolve il problema e non permette di superare l’attuale sistema. La pressione si sposterebbe sulla IV media, acutizzando il problema e riducendo i tempi per l’orientamento degli allievi verso il post-obbligatorio.

L’idea del PLR

Siamo convinti che occorra potenziare la funzione d’orientamento nel secondo biennio della scuola media, considerando la “differenziazione dei percorsi” come fatto positivo e non discriminante.

Nel concreto:

  • Ampliare l’offerta a moduli (o a opzioni) in più discipline;
  • possibilità per gli allievi di seguire anche solo alcuni moduli – in gruppi omogenei – con maggiori occasioni di approfondimento;
  • creazione di un “profilo attitudinale” che accompagni o sia integrato nella pagella degli allievi di scuola media;
  • nuove modalità d’orientamento che contemplino anche un incremento dei periodi di approfondimento all’esterno della scuola media (da svolgere nel settore professionale o degli studi) e il coinvolgimento di professionisti del settore);
  • maggiore avvicinamento del mondo delle aziende pubbliche e private alla scuola.

Il PLR ha una chiara visione della scuola e – nel concreto – della scuola media. Questa presa di posizione di politica scolastica serve a elaborare un progetto che andrà discusso con il DECS, le forze politiche, le direzioni d’istituto, gli esperti di materia e le scuole del post-obbligo, con l’obiettivo di giungere a una riforma condivisa e non uno scontro ideologico in cui le prime a perderci sono solo le giovani generazioni.

Per il PARTITO LIBERALE RADICALE TICINESE

Alessandro Speziali
Presidente

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