Legge sulla prostituzione: necessità di chiarire

INTERROGAZIONE

È notizia recente chela Polizia persegue e il Ministero pubblico ticinese ha iniziato a condannare delle prostitute per aver svolto la loro attività in hotel, su richiesta dei clienti, o presso appartamenti di quest’ultimi. La prostituzione, sostengono, sarebbe lecita solo nei locali erotici e negli appartamenti di proprietà o in locazione alle prostitute. L’art. 199 CP prevede che sono punibili coloro che infrangono le prescrizioni cantonali su il luogo, il tempo o le modalità dell’esercizio della prostituzione, nonché contro molesti fenomeni concomitanti. L’art. 14 cpv. 4 della Legge cantonale sull’esercizio della prostituzione (LProst) in vigore dal 1° luglio 2019 viene indicato come base legale violata. Questa norma prevede semmai che “L’esercizio della prostituzione in tali locali va notificato al Dipartimento. Il Consiglio di Stato ne stabilisce le modalità” laddove per locali si intendono quelli in uso proprio alla cliente che riceve presso di sé.

Ora, alcuni auspicano un chiarimento sull’applicazione della legge. Quest’ultimo può avvenire ricorrendo entro 10 giorni contro i decreti d’accusa ricevuti da parte delle prostitute oppure modificando/precisando eventualmente la legge cantonale e quindi passando dal Gran Consiglio. Sta di fatto che l’incertezza del diritto andrebbe fugata sempre al più presto nell’interesse dei cittadini.

Come i lavori legislativi hanno indicato, pur con l’andirivieni di progetti di legge tra Governo e Gran Consiglio (che non giova spesso alla coerenza del testo), alla fine si è concordato che in Svizzera la prostituzione è un'attività lecita il cui esercizio è protetto dalla libertà economica sancita dall'art. 27 della Costituzione federale (cfr. DTF 137 I 172). Ai Cantoni è data la facoltà di regolamentare il luogo, il tempo, le modalità di esercizio e di perseguire le molestie connesse con l'esercizio della professione, ma non di limitarla in maniera ingiustificata. Le norme cantonali devono essere esclusivamente di polizia: eventuali restrizioni devono avere una sufficiente base legale, sono consentite solo quando giustificate da un interesse pubblico preponderante e devono essere rispettose del principio di proporzionalità. I diritti fondamentali sono infatti intangibili (art. 36 Costituzione federale). Una legge cantonale di stampo conservativo o moralistico, che cerchi di limitare o eliminare il fenomeno della prostituzione, sarebbe dunque incostituzionale. Lo scopo della LProst era ed è indicato chiaramente all’art. 1 e mira principalmente a creare gli strumenti per proteggere e garantire la libertà di azione di chi esercita liberamente la professione e contenere gli effetti negativi, riducendo i problemi di ordine pubblico spesso legati a chi la prostituzione la organizza e sfrutta. Non si vede dove stia il problema significativo di ordine pubblico nell’esercizio della prostituzione a casa del cliente quando la scelta è professionalmente libera. Le persone che esercitano la prostituzione sono esposte più di altre a una serie di rischi quali le aggressioni, lo sfruttamento, la dipendenza economica, le malattie sessualmente trasmissibili. Sono loro a dover essere tutelate e non a dover essere condannate. Inoltre, la sistematica stessa della legge (e i lavori legislativi), oltre che gli scopi che il parlamento aveva in mente, prevede espressamente al capitolo primo quali sono i luoghi vietati (art. 3) e tra questi non vi sono gli hotel o gli appartamenti dei clienti. Infatti, vietata è la prostituzione di strada e quella nei luoghi vietati definiti dai singoli Comuni (a determinate condizioni, DTF 124 IV 64 c. 4c: di regola residenziali, vicino a scuole e chiese). Dove non vi è divieto espresso, come accade in diritto penale ed in uno Stato liberale, si ha da ritenere che la prostituzione è lecita a condizione che la prostituta (o il prostituto) si sia regolarmente annunciato nell’elenco dei professionisti (capitolo secondo della legge). Solo al capitolo terzo si parla dei locali erotici (tra i quali, con regime “agevolato” vi sono gli appartamenti locati o in proprietà delle prostitute). La legge ha previsto delle condizioni per questi luoghi col lo scopo, direi unico, di tutelare le prostitute da ogni tipo di sfruttamento ma non con l’obiettivo di limitarne/recluderne l’esercizio solo ed esclusivamente in quei locali. Altrimenti sarebbe stato sistematicamente e trasparentemente necessario prevedere una norma al capitolo primo in cui si dicesse che la prostituzione è vietata ovunque tranne che nei locali erotici e negli appartamenti oppure è lecita solo i detti luoghi.

 Se poi il Regolamento adottato dal solo Governo è andato oltre ai paletti della legge lo stesso deve essere rivisto.

Ciò detto e riservato un riesame commissionale, si chiede al Governo:         

  1. se condivide l’idea che la Legge in vigore non vieta ad una o un prostituta/o di fornire le sue prestazioni presso i clienti in hotel o abitazioni di quest’ultimi
  2. se ritiene che il regolamento non sia andato oltre (anche nei poteri e nelle facoltà della polizia) a quanto previsto dalla legge come votata dal parlamento
  3. se ritiene comunque di proporre una modifica legislativa che chiarisca gli intendimenti originari del legislativo anche nell’interesse della magistratura chiamata ad occuparsi di questioni ben più gravi

Matteo Quadranti, granconsigliere PLR 

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