Accordo sui frontalieri: è ora di rompere gli indugi

MOZIONE

Correva l’estate del 2014 quando il PLRT ha consegnato una petizione di oltre 10'000 firme (diecimila!) per chiedere la disdetta unilaterale dell'accordo sui frontalieri con l'Italia, ormai risalente al 1974. L’allora Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, il 3 giugno 2014, si era impegnata a concludere un'intesa entro metà 2015, spiegando che se i negoziati fossero falliti sarebbe stata pronta ad attuare misure unilaterali come la disdetta degli accordi settoriali con l'Italia, tra cui quello che prevede che il Canton Ticino riversi il 38,8% dell'imposta alla fonte dei frontalieri allo Stato italiano (nel 2017 oltre 80 mio di franchi).

Correva l’estate del 2014 quando il PLRT ha consegnato una petizione di oltre 10'000 firme (diecimila!) per chiedere la disdetta unilaterale dell'accordo sui frontalieri con l'Italia, ormai risalente al 1974. L’allora Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, il 3 giugno 2014, si era impegnata a concludere un'intesa entro metà 2015, spiegando che se i negoziati fossero falliti sarebbe stata pronta ad attuare misure unilaterali come la disdetta degli accordi settoriali con l'Italia, tra cui quello che prevede che il Canton Ticino riversi il 38,8% dell'imposta alla fonte dei frontalieri allo Stato italiano (nel 2017 oltre 80 mio di franchi). Infatti, disdire l’accordo permetterebbe da un lato al Ticino di incassare di più (non vi sarebbero più i ristorni) e dall’altro di fare in modo che i frontalieri non godano più di un privilegio fiscale (che gli consente di pagare delle imposte molto più basse di quelle italiane) riequilibrando dunque un po’ la situazione sul mercato del lavoro. Ad oggi però possiamo dire, solo parole al vento.

Negli ultimi anni, secondo il Consiglio federale, disdire l'accordo con l'Italia non sarebbe la soluzione più efficace. Da privilegiare vi sarebbe infatti la via del dialogo. Secondo il Governo, la firma di un nuovo accordo è anche nell'interesse della Svizzera. Certo. Ma dopo l’ennesimo incontro tra Svizzera e Italia, alle parole è ora che seguano i fatti. Infatti, le promesse, regolarmente disattese, dei precedenti ministri italiani e quella recente dell’attuale ministro degli Esteri lasciano il tempo che trovano. O perlomeno è giunta l’ora che il Ticino si attivi in modo da tutelare i propri interessi specie nell'attuale situazione politica italiana, con il governo giallo-verde che deve ingraziarsi il proprio elettorato, e i frontalieri sono un buon bacino d’elettori.

Considerato che dall’accordo sottoscritto a Milano nel gennaio 2015 dai ministri delle Finanze di Svizzera e Italia, al termine di trattative durate tre anni, sono trascorsi altri 3 anni e allo scopo di valutare e implementare delle misure volte a sostenere le rivendicazioni del Canton Ticino, con la presente mozione chiediamo al Consiglio di Stato di:

  • attivarsi a richiamare – con il sostegno delle 10 mila firme ticinesi del 2014 – l’ipotesi di una disdetta unilaterale dell’accordo sui frontalieri del 1974;
  • farsi promotore di una valutazione giuridica esterna al fine di determinare se un’eventuale disdetta unilaterale dell’accordo sui frontalieri, sia o meno collegata alla convenzione sulla doppia imposizione.

Nel caso il Consiglio federale ritenga di voler attendere ulteriormente:

  • di coordinarsi con la deputazione alle Camere federali per richiedere una compensazione finanziaria perlomeno equivalente a quanto si sarebbe incassato con la sottoscrizione del nuovo accordo (circa 12 milioni all'anno).

Alex Farinelli
per il Gruppo PLR

Atti parlamentari

INTERPELLANZA (Urgente)

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MOZIONE

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INTERPELLANZA

La presente interpellanza è presentata con carattere d’urgenza in quanto i fatti segnalati — se confermati — mettono in luce gravi carenze nella qualità e sicurezza delle cure in un settore specialistico dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), con potenziali conseguenze per la salute dei pazienti e per la fiducia della cittadinanza nel sistema sanitario pubblico. In data odierna l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) ha pubblicato un comunicato stampa in cui, pur prendendo le distanze dai contenuti del cosiddetto “rapporto di sicurezza”, conferma indirettamente l’esistenza del documento, nonché l’apertura di un’analisi interna. Il comunicato solleva interrogativi ulteriori: anziché chiarire i contenuti e affrontare i nodi sollevati, si concentra sull’autore del rapporto, mettendone in discussione le modalità operative e l’uso delle risorse aziendali. Non si esclude che tale approccio rischi di oscurare la sostanza delle segnalazioni e disincentivare future denunce in ambito sanitario.

Riteniamo dunque necessario e urgente un chiarimento istituzionale, al di là delle comunicazioni dell’EOC, per garantire che la gestione delle criticità cliniche, la sicurezza dei pazienti e la protezione dei segnalanti siano trattate con trasparenza, tempestività e indipendenza. È inoltre fondamentale accertare se esistano rischi sistemici anche in altri ambiti clinici e se gli strumenti oggi disponibili siano adeguati ad assicurare una reale cultura della qualità e della responsabilità nelle cure.

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